Al Shered – Frammenti dal deserto

Da un frammento di pergamena ritrovato nel deserto, nei pressi della città di Al Kufa (Iraq). Datazione incerta.

Se il deserto sarà clemente come lo è stato durante il viaggio d’andata presto potrò riabbracciare la mia famiglia e il mio caro padre orgoglioso di aver tenuto fede alla parola data, procurando ricchezza e onore al suo nome. […] incenso, sandalo, bdelio […] i nostri sacchi sono colmi di ogni tipo di spezia che si possa trovare al mercato di Najran e la nostra carovana è certamente la più ricca fra quelle che hanno sostato a Yathrib. […] Quello che pensavamo essere un miraggio si trasformò in realtà quando ci avvicinammo abbastanza da distinguere fra le dune infuocate un gruppo di uomini che avanzava a piedi in quella distesa di sabbia. Le loro vesti variopinte erano fuori dal comune, dissimili in tutto rispetto alle nostre e a quelle di qualsiasi altro popolo abbia mai incontrato, ed erano poco adatte per affrontare il deserto. Sulla testa dei buffi copricapi li riparavano dal sole e ci impedivano di vedere i loro volti. Insieme ad altri ci staccammo dalla carovana per raggiungerli. Quando li accerchiammo con i nostri dromedari, si raccolsero al centro disorientati e sorpresi dalla nostra presenza. In mano avevano delle strane canne lucenti che stringevano come fossero degli oggetti sacri oppure degli amuleti che infondevano loro coraggio. Quando sollevarono il loro sguardo verso di noi notammo che la loro pelle, estremamente arrossata, era chiara. Le loro barbe e i loro capelli color dell’oro ed i loro occhi sembravano vuoti. Sbalorditi per quel singolare incontro provammo a comunicare, ma il loro linguaggio era differente dal nostro. Erano in otto, sembravano stremati, non avevano viveri né acqua. Demmo loro da bere e li unimmo alla carovana. Giunta la sera, montato l’accampamento per la notte, li invitai per farli scaldare al nostro fuoco. Parlavano molto poco anche fra loro e si guardavano in giro con sospetto, come se temessero che da un momento all’altro una qualche minaccia potesse piombare su di loro. Posi loro alcune domande provando a farmi capire a gesti.

Da dove venivano? Cosa era loro capitato? Era questo che ci chiedevamo tutti. Uno di loro, con dei folti baffi e le spalle larghe, iniziò a raccontare la loro storia disegnando sulla sabbia illuminata dal fuoco. Il bastoncino tracciò dapprima delle persone sedute su degli alti sedili con della gente intorno, indicò se stesso e i suoi compagni in riferimento a questi ultimi, forse avevano avuto una missione da compiere. Poi fu la volta di una nave, loro erano a bordo. Venti sempre più impetuosi spingevano la loro imbarcazione verso la costa di un’isola. Avevano fatto naufragio e si erano ritrovati in pochi ad affrontare una terra selvaggia ricca di vegetazione ed animali selvaggi dai quali si difendevano con le loro canne dalle quali usciva del fumo. Alcuni dei nostri iniziarono a ridere e a dire che il sole aveva fatto perdere il senno a questi viaggiatori, che probabilmente erano schiavi di qualche tribù del nord e che li avremmo dovuti rivendere alla prima occasione utile. Lo straniero continuava il suo racconto per immagini tracciando prima un sentiero che conduceva ad un monte, poi una fiamma che ardeva alta, sproporzionata al resto del disegno e degli uccelli dai colli lunghi che volteggiavano intorno al fuoco. La sua mano tremò esitando e vidi i volti dei suoi compagni riempirsi di orrore in memoria di quell’episodio. Sempre incerto e lentamente tracciò dei segni all’interno della fiamma, non saprei dire di cosa si trattasse, credetti potesse essere un volto umano deformato e diabolico, ma non poté finire di disegnare perché un altro viaggiatore venutogli accanto per seguire la narrazione cancellò bruscamente i tratti sulla sabbia e con voce irata e mista a terrore lo rimproverò aspramente. Il disegnatore allora si accovacciò su se stesso portandosi le mani sulla testa affondata fra le ginocchia e lo sentii singhiozzare. Durante la notte non riuscii a prender sonno facilmente. Ripensavo a quelle immagini sulla sabbia cercando di trovare una spiegazione plausibile. Come potevano essere arrivati nel deserto senza mezzi. Le vedette che ci precedevano per avvisarci dei pericoli che potevano incombere sulla carovana non li avevano incontrati, era come se si fossero materializzati dal nulla. I tratti del viso, le vesti, gli strani oggetti che portavano con loro e quelle espressioni di puro terrore che avevo notato durante il racconto. Avevano certamente vissuto un’esperienza fuori dal comune, non poteva trattarsi di una semplice suggestione collettiva dovuta al deserto. Sentivo che qualcosa di misterioso aleggiava su quegli stranieri e mi ripromisi di scoprirlo. […]

[…] L’eco di un ruggito lontano ci ridestò dal sonno. Fu allora che volgendomi verso oriente la vidi in lontananza. Traslucida, e verdognola, alta come la più imponente delle dune. Gli uomini cercavano di tenere a bada i dromedari che sembravano impazziti e scappavano i tutte le direzioni. Sentii le voci dei viaggiatori che si radunavano imbracciando le loro canne e dirigendosi con coraggio verso quella fiamma. Andai anche io in quella direzione tenendomi a distanza, nessuno dei miei compagni aveva avuto abbastanza coraggio per accompagnarmi. […] nascosto dietro una duna, fu allora che vidi quelle scheletriche bestie alate fuoriuscire dalla fiamma e lottare con gli stranieri. A tratti dalle loro canne proveniva del rumore e delle fiammate che sembravano respingere quelle creature. […] la fiamma aumentò di intensità avvolgendo gli stranieri, ma senza bruciarli […] fu buio improvvisamente e restai per diverso tempo immobile in attesa degli eventi, ma non accadde più nulla. Quando mi feci finalmente coraggio uscii dal mio riparo e mi diressi nel luogo che aveva ospitato quella visione. Non vi era alcuna traccia. La fiamma aveva bruciato senza lasciare residui ed era sparita portandosi dietro quelle spaventose creature volanti e quei coraggiosi uomini che le avevano affrontate. Mi volsi per tornare all’accampamento e sincerarmi delle condizioni della carovana e degli eventuali danni che potevamo aver subito e dopo pochi passi caddi a terra. Avevo urtato qualcosa che affiorava dalla sabbia. Era una piastra di metallo circolare grande quanto un pugno. Era stranamente freddo al tocco. Vi erano delle incisioni ed una strana forma disegnata al centro. Riguardandola con attenzione fui certo che si trattasse di una fiamma con degli strani simboli al suo interno. Forse era ciò che lo straniero stava rappresentando nell’ultimo disegno sulla sabbia prima di essere interrotto.

Lo nascosi e tornai all’accampamento. Gli animali fuggiti erano stati recuperati e avevamo perso solo un paio di sacchi che nella confusione si erano rovesciati ed erano stati calpestati dai dromedari. Chiesi se qualcuno avesse visto bene cosa era accaduto, ma ero stato io il solo spingermi così vicino alla fiamma da scorgere la lotta che era intercorsa fra gli stranieri e quelle creature. Non ne feci parola con gli altri che mi avrebbero certamente preso per folle. Dissi solo che i viaggiatori erano spariti al di là di quella luce e che ci sono dei misteri sulla terra che è meglio non indagare fino in fondo. Lo dissi per evitare altre domande. Ma da quella notte non smetto mai di pensare a ciò che vidi, alla fiamma verde che arde senza consumare ciò che avvolge, a quei viaggiatori impavidi che con i loro bastoni scacciano quelle creature volanti che a volte tormentano i miei sogni. Quando mi sveglio sudato in preda agli incubi cerco fra le mie cose il monile in cui sono inciampato. Ne seguo il contorno ruvido con le dita e provo a capire il significato delle incisioni, credo si tratti di una scritta in una lingua sconosciuta, troppo antica, forse un’invocazione di una qualche divinità blasfema che si nasconde all’interno di quella fiamma, che perseguita quei viaggiatori che la combattono. Un giorno, ne sono convinto, riuscirò a decifrare quei simboli e scoprirò il mistero che si cela dietro la fiamma. E se la mia vita non dovesse essere sufficiente a svelare questo mistero sarà allora compito della mia discendenza. Sento che un enorme potere è racchiuso in questo metallo e solo la sua comprensione completa porterà ancora più in alto il nostro nome. Finché un giorno ogni capo si pieghi in segno di rispetto davanti ad un componente della famiglia di Al-Shered.

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